Si può morire per un trail? Tragedia nella gara Ultra Trail Cavalls del Vent sui Pirenei Catalani.
L’Ultra Trail Cavalls del Vent è una gara impegnativa di 84 km e 6000 metri di dislivello in salita e discesa nel Parco Nazionale Cadi-Moixero. Quest’anno la gara era valida come penultima prova del circuito Ultra Skymarathon Series della ISF (International Skyrunning Federation) ed è stata vinta dagli assi spagnoli Kilian Jornet Burgada (in 8h42’27) al maschile e Nuria Picas (in 10h34’38) al femminile, a tempo di record in mezzo a condizioni atmosferiche proibitive.
Questa la cronaca sportiva, che passa in secondo piano rispetto alla nera. Una concorrente ha perso la vita, Teresa Fariol 38 anni, per infarto dovuto a ipotermia all’ospedale di Berga, dopo che si era fermata al km 55, oltre metà gara dopo il punto di controllo del Rifugio Estasen. Prontamente soccorsa, ma debilitata dall’ipotermia causata dallo sbalzo termico dovuto dalle condizioni di forte pioggia in quota, pur se trasportata all’ospedale per le cure mediche, non ce l’ha fatta a superare un momento di forte stress per il suo fisico. Non era una sprovveduta, visto che correva abitualmente sulle lunghe distanze, finisher di gare come l’Ultra Trail Mont Blanc e Campionessa Catalana di Categoria della Copa FEEC- Lafuma de carreras de ultra resistencia.
Il suo ritiro è stato uno dei 670 sui 900 corridori partiti, dai top runner a chi correva solo per finire, con soli 230 corridori che sono riusciti ad arrivar al traguardo. Gli organizzatori hanno poi deciso di annullare le cerimonie di premiazione e di fare un minuto di silenzio.
Questa la cronaca, che dire altro? Nessun contesto giustifica la perdita di vite umane, figuriamoci lo sport. Negli sport in montagna gli incidenti anche mortali sono sempre successi e sempre accadranno, bisogna avere la consapevolezza che in montagna il rischio zero non esiste, questo quando si fa alpinismo, scialpinismo, snowboard, parapendio ecc. Ma quando si fanno le competizioni, una serie di regole e parametri fanno si che sia a carico dell’organizzazione la tutela della sicurezza dei concorrenti, spesso portati ad esagerare ed andare oltre anche con il pettorale indossato. Quindi la percentuale d’incidenti mortali nelle competizioni rispetto alla pratica libera dello sport sono infinitesimali.
Della corsa si è sempre detto che al massimo ci si può infortunare con tendiniti varie da usura ed escoriazioni varie in seguito a cadute. Questa volta siamo arrivati al morto, e non è la prima volta. Negli anni scorsi un incidente mortale per caduta successe al Trofeo Kima, 3 morti per fulmini e maltempo al Gran Raid Mercantour del 2009 in Francia e 2 morti per ipotermia al Zugspitze Extremberglauf nel 2008 in Germania. Gli Ultra Trail che hanno portando la filosofia di correre anche di notte sui sentieri di montagna, stanno ulteriormente estremizzando le corse, proponendo condizioni difficili quando il meteo non è bello stabile. Alla fine degli anni ’90 le gare di skyrunning erano corse sui ghiacciai, dal Breithorn alla Capanna Margherita, poi progressivamente abbandonate per i rischi dovuti ai crepacci e alle variabili meteo dovute alla quota, questo con numeri piccolissimi di atleti, la maggior parte dei quali erano preparati alle condizioni dell’alta quota.
Ora il Trail è diventato sport di tendenza, una moda, numeri ormai consistenti in partenza a ogni gara, con partecipazioni maggiori dove maggiori sono i chilometri ed i metri di dislivello da percorrere. Al Tor des Geant le situazioni critiche delle 3 notti furono prontamente affrontate dagli organizzatori fermando i concorrenti prima dello stop definitivo di Saint Remy en Bosses.
Nel Cavalls del Vent tanti ritiri e un morto, le responsabilità saranno chiarite dalla polizia spagnola in base alla loro legislazione, ma siamo sicuri che vale la pena di correre in certe condizioni?
Si può morire per un trail?